Medico Competente: c’era una volta il medico di fabbrica
La figura del Medico Competente prevista dalla normativa sulla sicurezza del lavoro negli ultimi anni è profondamente cambiata.
Esistono ancora, ma sono rari a trovarsi, i vecchi medici curanti che esercitavano anche attività del medico di fabbrica (cosi veniva chiamato). Erano gli anni in cui il medico era prestato alle visite in azienda. Erano gli anni in cui i medici erano innanzitutto medici curanti che poi per passione o lungimiranza avevano intrapreso la carriera assai più redditizia della medicina del lavoro. Erano i tempi in cui il medico svolgeva delle campagne diagnostiche e di screening sui lavoratori aziendali senza una reale ed attenta correlazione dell’accertamento ad un reale fattore di rischio.
Erano gli anni dei medici che oggi definiremmo “puristi” che per vocazione svolgevano un servizio di controllo complementare al medico di base sulla popolazione lavorativa, gli anni in cui il medico riusciva a coniugare le esigenze di imprenditore e lavoratore al fine di prevenire eventuali patologie che potevano inficiare rispettivamente sulla produttività aziendale o sulla vita privata del lavoratore.
Erano gli anni dei medici viaggiavano con pacchi di cartelle sanitarie per le aziende, fatti di faldoni di carta, spesso armadi, sigilli, formulari, e strumentazione diagnostica spesso ingombrante e che richiedeva lunghe attività preparatorie da parte degli “strumentisti”.
Osservando, da direttore tecnico, il percorso svolto dai medici dello staff Remark negli ultimi 10 anni devo dire che tutto questo è un lontano ricordo. C’è stata una rivoluzione tecnologica ed informatica. Strumentazione diagnostica completamente informatizzata, cartelle sanitarie digitalizzate, firma biometrica, archiviazione sostitutiva e conservazione protetta della documentazione digitale sono solo alcuni step fondamentali ed imprescindibili, che amplificano quel senso di smarrimento dei rari medici di famiglia che per arrotondare si erano approcciati 20 anni fa a questa professione.
Di fatto, la crescente complessità organizzativa ha costretto molti medici liberi professionisti a strutturarsi o ad aderire in società specializzate al fine di ridurre i costi, legati alla onerosa dotazione informatica, organizzazione alla gestione delle comunicazioni sempre più frequenti non solo con le aziende ma sempre più spesso con i lavoratori.
Con l’avvento della D.Lgs 626/94 – Medico del Lavoro– e successivamente del D.Lgs 81/08 – Medico Competente, si è avviato un processo che ha chiesto al medico un profondo cambiamento, e non solo nella definizione. Oggi al Medico Competente è richiesto un ruolo più complesso, articolato e multidisciplinare, quello che comunemente oggi chiamiamo medicina della prevenzione. Negli intenti del normatore il medico non è più quella figura aziendale che aveva solo il compito di svolgere le visite sanitarie ma bensì il braccio operativo del Datore di Lavoro che in sinergia con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione studiano soluzioni di prevenzione aziendale al fine di garantire un completo stato di benessere psico-fisico del lavoratore.
Questo obiettivo ambizioso e altisonante, seppur ormai sancito legislativamente da quasi dieci anni, appare ancora oggi per molti versi largamente disatteso.
Oggi i Medici moderni più avveduti abbracciano il ruolo centrale nel processo di valutazione del rischio, elemento imprescindibile per una corretta impostazione dell’attività di sorveglianza sanitaria. La partecipazione al processo di valutazione del rischio rappresenta il primo passo per individuare i rischi specifici del lavoratore o di un gruppo di lavoratori esposti agli stessi rischi che svolgono determinate mansioni aziendali. Tale fase, che prima era lasciata ai tecnici della prevenzione, deve essere ora fatta propria dal medico competente al fine di giustificare l’accertamento specifico.
L’approccio per molti è in punta dei piedi, visto il continuo e tumultuoso cambiamento degli strumenti tecnici di valutazione del rischio. Studio di molte norme tecniche, algoritmi di valutazione spesso discutibili, indicatori di rischio che non sempre sono allineati con i reali dati epidemiologici. Per non parlare poi di rischi ove non esistono in realtà degli strumenti di valutazione riconosciuti e per cui il medico è comunque tenuto ad una giustificazione (un esempio su tutti la valutazione del sovraccarico degli arti superiori non correlata a movimenti ripetuti) ma di estrema importanza visto l’enorme numero di patologie legate alla spalla.
A questo si uniscono le numerose patologie psico-sociali che rappresentano ancora oggi una complessa sfida valutativa ma che impongono al medico competente di esprimersi nel merito.
I nuovi certificati di idoneità prevedono l’obbligo di formalizzare non solo i rischio ma la sua entità e di correlarlo all’esame di accertamento specifico svolto. Al medico competente è richiesto un contributo che non lascia più spazio a valutazioni sommarie e superficiali dei rischi aziendali avendo cura che tali dati siano tra di loro consequenziali e coerenti in tutto il processo: valutazione del rischio, protocollo sanitario, visite mediche, accertamenti specifici, rendicontazione annuale dei dati sanitari.
L’idoneità alla mansione viene ad assumere un ruolo molto più impattante nell’organizzazione dell’azienda perché costringe l’azienda in determinati schemi organizzativi (in caso di cambio di mansione l’azienda sarebbe costretta ad un nuova visita di cambio mansione) che contrastano con la continua ricerca di flessibilità ed elasticità che il Datore di lavoro richiede ai propri lavoratori. Per contro la formazione di lavoratori “polivalenti” impone nella valutazione del medico un profilo di rischi molto più ampio e potenzialmente più elevato con inevitabili possibili limitazioni o prescrizioni al lavoratore oltre ad esporre maggiormente l’imprenditore a possibili contestazioni per malattie professionali.
Pertanto, con il Dl.gs 81/08 la figura del Medico Competente si carica di significati e responsabilità non ancora del tutto definite, ma che si evolvono gradualmente e parallelamente allo sviluppo delle realtà lavorative italiane.