La tutela genitoriale nel rapporto di lavoro
Tra il 2022 e il 2023 sono state introdotte alcune importanti novità per quanto riguarda i congedi per i papà lavoratori, nell’ottica di favorire sempre più la parità dei genitori nell’accudimento dei figli.
Sono numerose le tutele previste per il padre lavoratore e gli strumenti che gli consentono di assentarsi dal lavoro con diritto alla conservazione del posto per accudire ed assistere il bambino.
Al momento della nascita di un figlio, la legge ha previsto una serie di tutele, oltre che per la madre, anche per il padre lavoratore, al fine di agevolare l’ingresso in famiglia del bambino, di consentire ai genitori di assentarsi dal lavoro in occasione di eventi particolari, mantenendo in alcuni casi il diritto alla retribuzione, piena oppure ridotta.
Alcune misure sono riservate al padre come diritto autonomo, mentre altre sono previste in alternativa alla madre.
Come per le mamme lavoratrici, esistono normative che prevedono la paternità (obbligatoria e facoltativa) e diversi tipi di congedo di paternità.
In questo articolo illustriamo quali sono le tutele e i diritti per i padri lavoratori attualmente in vigore.
- Congedo di paternità obbligatorio per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati): prevede per il padre lavoratore (dipendente pubblico o privato) l’astensione obbligatoria di 10 giorni dal lavoro, che possono essere usufruiti tra i due mesi precedenti e i cinque successivi al parto. Il diritto spetta anche in caso di adozione e affidamento. I giorni diventano 20 in caso di parto gemellare o plurimo. Durante il congedo, il padre ha diritto a un’indennità del 100% della sua retribuzione. Viene riconosciuto anche un giorno facoltativo in più di congedo di cui il papà può usufruire in alternativa alla mamma.
- Congedo parentale per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati): è un periodo di astensione facoltativa che il padre lavoratore può prendere per occuparsi del proprio figlio nei primi mesi e anni di vita (entro i 12 anni del bambino). Il congedo parentale può essere richiesto dai genitori per un periodo massimo di 10 mesi: il padre lavoratore ha diritto per un periodo massimo di 3 mesi (non trasferibili alla madre) a cui può aggiungere altri 3 mesi, se non utilizzati dalla madre (questi 3 mesi sono infatti fruibili in alternativa tra i due genitori). In totale il padre può quindi prendere 6 mesi di congedo con indennità (elevabili a 7 nel caso in cui si astenga dal lavoro per almeno per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi). In questo caso il periodo di congedo cumulativo tra i due genitori si estende a 11 mesi.
- Congedo parentale per i lavoratori iscritti alla Gestione Separata: dal 2022 il padre ha diritto a 3 mesi di congedo parentale indennizzato, non trasferibile all’altro genitore, da usufruire entro il 12° anno di vita del figlio (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento). Ulteriori 3 mesi di congedo (indennizzato) spettano al padre, se non ne usufruisce la madre.
- Congedo parentale per i lavoratori autonomi: dal 2022, come previsto dal Decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, è stata introdotta la possibilità di poter fruire di 3 mesi di congedo parentale con indennità, da utilizzare entro l’anno di vita (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) del figlio minore.
- Congedi di paternità per lavoratori autonomi, iscritti alla Gestione Separata e liberi professionisti. Queste categorie di lavoratori possono usufruire di un periodo di astensione dal lavoro solo in presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo di maternità: quando la madre del bambino sia deceduta o gravemente inferma, in caso di abbandono da parte della madre o affidamento esclusivo al padre.
- I riposi giornalieri. La legge prevede entro il primo anno di vita del bambino dei riposi giornalieri di due ore per la madre lavoratrice: si tratta dei permessi noti come “riposi per allattamento”, che sono previsti anche in caso di adozione o affidamento. I permessi per allattamento sono riconosciuti al padre quando:
- i figli sono affidati esclusivamente al padre;
- la madre è una lavoratrice dipendente ma sceglie di non avvalersene;
- la madre non lavora e pertanto è impossibilitata ad usare i permessi;
- la madre è deceduta o è gravemente inferma;
- in caso di madre lavoratrice autonoma, il padre lavoratore dipendente può fruire dei riposi giornalieri anche durante il teorico periodo di trattamento economico spettante alla madre dopo il parto.
Il lavoratore padre non può richiedere il riposo giornaliero se la madre lavoratrice si trova in astensione obbligatoria o facoltativa, o nel teorico periodo di trattamento economico spettante alla madre dopo il parto, oppure se non si avvale dei riposi perché assente dal lavoro per sospensione da aspettativa, permessi non retribuiti o pause lavorative in caso di rapporto di lavoro nella modalità del part-time verticale.
- I permessi per la malattia del bambino: entro i primi 8 anni di vita del bambino è prevista la possibilità per i genitori di astenersi dal lavoro in occasione di una malattia del figlio. Tali permessi sono non retribuiti (salvo che il CCNL – Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicato dal datore di lavoro, preveda diversamente). Per i primi tre anni di vita sono in numero illimitato e possono essere goduti alternativamente dal padre o dalla madre, mentre fra il terzo e l’ottavo anno sono previsti per un massimo di cinque giorni per ciascun genitore. In ogni caso va presentata al datore di lavoro la relativa certificazione medica a supporto.
Tutte le fattispecie giuridiche che abbiamo analizzato sono istituti che hanno grande impatto positivo sul benessere delle famiglie e sono fondamentali sia a livello culturale che legislativo per aumentare la tutela giuridica dei padri e consentire così una sempre maggiore parità genitoriale nell’accudimento dei figli.